Basterebbe poco, pochissimo. Tornare lucidi per un attimo, quell’attimo prima di perdersi. E dirsi: ”Scusa”, ”ho sbagliato”. Eppure non lo facciamo, e ci perdiamo. Di questo parlo nell’ultima delle mie poesie di vita in romanesco.
Distruggiamo cose belle, amori, amicizie, rapporti. Per piccolezze, dettagli che ripensandoci a freddo sono insignificanti rispetto ai sentimenti che proviamo. Eppure spesso ci infiliamo in guerre senza esclusione di colpi, quando basterebbe solo aspettare e dirsi che chiunque sbaglia. Che non ci vogliamo perdere.
Ma non lo facciamo. A volte per orgoglio, a volte per rabbia. A volte, più semplicemente, perché ci pare la soluzione più semplice. Seguendo la quale, però, ci facciamo male senza sapere mai realmente quanto. Oggi pubblico ”Che ce voleva”, una delle mie poesie di vita in romanesco, fra quelle che si possono trovare pubblicate sulla mia pagina Facebook e sul profilo Instagram.
”A scadenza”
N fonno, che ce voleva a fà n passo.
A disse ”te vojo bene”.
Forze l’orgojo c’aveva preso troppo,
e se semo lasciati tirà dentro a na guera.
Che poi na guera fra me e te,
a che ce poteva portà?
A fasse male. O peggio,
a diventà estranei dopo esse stati na cosa sola.
A spezzà n due n core grosso,
fatto de promesse e de battiti iripetibbili.
N fonno che ce voleva,
a disse che se sbaja.
A riconoscese, guardandose nell’occhi.
Photo – Pixabay